Uomo politico russo. Laureatosi in Giurisprudenza nel 1975, nello stesso anno divenne membro del KGB:
all'interno dei servizi
segreti sovietici svolse una proficua attività di controspionaggio, prima in Unione
Sovietica, poi in Germania Est. Dopo la caduta del muro di Berlino (1989) tornò a
San Pietroburgo e nel 1990 lasciò il KGB. Designato capo del Comitato internazionale
dell'ufficio del sindaco di San Pietroburgo nel giugno 1991, dal 1994 al 1996 ricoprì
la carica di vice-sindaco nella stessa città: fautore di un programma di riforme
radicali in ambito economico e politico, potenziò gli investimenti stranieri nella
sua città natale, introdusse la borsa valutaria e curò le privatizzazioni delle
vecchie aziende sovietiche. Trasferitosi a Mosca nel 1996, iniziò la sua scalata
ai vertici dell'amministrazione russa: fedele sostenitore di Boris Eltsin, fu
gestore dei beni immobiliari del Cremlino, nel 1998 fu nominato capo del Servizio
federale di sicurezza (FSB), il nuovo organismo che successe al KGB, e successivamente
fu capo del Consiglio di sicurezza presidenziale. Divenuto primo ministro nel Governo
Eltsin nell'agosto 1999, conquistò l'opinione pubblica presentandosi come l'uomo
in grado di far uscire il Paese dalla pesante crisi politica, economica e sociale,
e fu apprezzato per la posizione intransigente nei confronti della Cecenia. Nel
gennaio 2000
P. assunse la presidenza
ad interim (in seguito alle
improvvise dimissioni di Eltsin il 31 dicembre 1999) e, sulla scia nazionalista
sollevata dal conflitto ceceno, stravinse le elezioni presidenziali del marzo
2000. Il neo premier condusse con spietata durezza le operazioni in Cecenia,
distruggendo Grozny e massacrando la popolazione. Inoltre attuò una politica autoritaria e centralistica,
riducendo drasticamente l'autonomia dei governatori regionali, della Duma e del
potere giudiziario. Nell'arco di pochi mesi riuscì a paralizzare l'opposizione e
a controllare tutti i mezzi di informazione. L'intransigenza di
P. si
manifestò anche in occasione del tragico incidente del sottomarino nucleare Kursk
(agosto 2000) e dell'attacco terroristico ceceno al teatro di Mosca (ottobre 2002).
Politico contraddittorio,
P. contrappose ai metodi fortemente antiliberali
adottati all'interno del suo Paese un disegno modernizzatore in ambito internazionale,
operando un'apertura verso l'Occidente: nell'aprile 2000 ratificò il trattato START-2
sulla riduzione delle armi atomiche; nel maggio 2002 sottoscrisse con il presidente
statunitense G.W. Bush un accordo sulla riduzione degli armamenti nucleari; nello stesso
mese firmò uno storico accordo con i leader dei Paesi membri della NATO che segnò
l'ingresso ufficiale di Mosca nell'Alleanza Atlantica. La politica fortemente
autoritaria di
P. portò alla schiacciante vittoria del suo partito Russia
Unita nelle elezioni parlamentari tenutesi del dicembre 2003 e alla sua riconferma
alla presidenza della Russia, con il 71,2% dei voti (2004). Primo leader russo in
visita ufficiale a Gerusalemme (2005), nel
corso del 2006 fu sospettato di essere il mandante dell'omicidio di Anna Politkovskaya
(7 ottobre), giornalista che aveva pubblicato libri fortemente critici nei confronti
di
P., della conduzione della guerra in Cecenia da parte della Russia,
e della morte per avvelenamento dell'ex colonnello del KGB Alexander Litvinenko (23
novembre). Nell'aprile 2007,
durante il suo discorso alla nazione,
P. annunciò l'intenzione di porre una moratoria
sul trattato NATO contro la proliferazione di armi convenzionali in Europa almeno fino a che
tutti i Paesi non lo avessero ratificato, arrivando a minacciare la
possibilità di uscire dall'accordo se non vi fossero stati progressi; propose inoltre
che l'OCSE discutesse il dislocamento di elementi del cossiddetto scudo spaziale che gli
Stati Uniti avevano in programma di costruire in Europa Centro-Orientale (Repubblica Ceca e
Polonia). In seguito al mancato raggiungimento di un accordo con il presidente Bush,
nel luglio del 2007
P. decise di sospendere il trattato per la riduzione delle forze
convenzionali in Europa e fece esplicita minaccia di puntare nuovamente i missili a medio
raggio sulle città europee, rilanciando così la sfida sugli armamenti e dimostrando di voler
continuare sulla linea politica e diplomatica offensiva intrapresa durante la Conferenza
internazionale sulla sicurezza tenutasi a Monaco nel marzo 2007, durante la quale aveva
lanciato pesanti accuse contro Washington e la NATO.
Impossibilitato a un terzo mandato per il dettame della Costituzione russa, favorì la vittoria
del suo fedelissimo Dmitrij Medvedev (maggio 2008), che lo nominò nuovamente primo ministro, carica
da lui già detenuta prima del mandato presidenziale. Sempre nel mese di maggio il presidente della repubblica
Bielorussa lo nominò primo ministro dell'Unione Russia-Bielorussia. Nel periodo precedente al suo
passaggio da presidente della Federazione a primo ministro,
P. aveva fatto approvare una serie di
provvedimenti volti a raffore notevolmente i poteri del primo ministro, a scapito sia del presidente
sia dei ministri: in questo modo
P., pur cambiando ufficio di governo, riuscì a mantenere intatte
anche dal punto di vista formale molte sue competenze. Nell'agosto 2008
P. dovette gestire la crisi
con la Georgia, sfociata nella seconda guerra in Ossezia del Sud. Con il riconoscimento dell'indipendenza
di Ossezia del Sud ed Abcasia (26 agosto 2008), Putin vide notevolmente rafforzata la posizione militare
ed economica russa nel Caucaso e sul Mar Nero (n. Leningrado, od. San Pietroburgo
1952).